IL SOGNO DELL’ELEFANTE

Nulla era possibile fare. La terra aveva di nuovo tremato e niente era rimasto in piedi. Assieme alle case, anche i nostri cuori, i nostri nervi già scossi dalla vita si erano crepati. Bisogna far memoria ci siam detti: “La memoria è la chiave di ogni cosa.”
Memoria delle cose vissute, dei bei momenti in cui si progettava la felicità; in cui il desiderio di essere felici era così vivo da straripare in tutte le direzioni. Far memoria della grandezza dei nostri cuori che producono amori ad ogni angolo di strada, ad ogni svolta. Memoria di tutte le volte che abbiamo ringraziato ed esultato per le gioie… Ora c’è bisogno che il passato ci guidi a ricominciare.
Quella mattina in spiaggia avrei fatto un monumento in memoria di chi aveva perso ogni cosa, ma Martina, di sette anni e mezzo, mi ha ricordato che dovevo fargli un elefante. Quell’elefante, in quel momento, proprio non ci voleva!
Ho preso con pazienza a lavorare mosso dal sorriso dei bambini, che affianco a me raccoglievano suggerimenti e davano una mano a rendere più chiari i contorni del pachiderma. C’è voluto un po’ per finire, ma l’entusiasmo e la dedizione di Martina, Daniele e poi Chiara e Daria, mi hanno convinto che fosse quello il vero monumento alla memoria.
I sorrisi, la voglia di esserci, il costruire insieme, il voler dare una mano e chiedere permesso. Ognuno con le proprie palette e secchielli ad attendere istruzioni per realizzare un sogno.
E’ così che è nato l’elefante sognante, che il mio amico Sabino mi ha aiutato a rendere vivo. A un certo punto Sabino ha amato più di me quel progetto tanto da portarlo avanti nel momento in cui non avevo più chiare le motivazioni. Così, insieme lo abbiamo reso vivo e felice, e lui, l’elefante, con la pazienza e la saggezza che da sempre lo contraddistinguono, ci ha permesso di fargli qualunque cosa, anche una decorazione cerimoniale.
Ora è lì che dorme e sogna, un sogno leggero e felice. Un sogno che si nutre di memoria. Memoria di amorevoli angeli che insieme lo hanno riportato in vita.

LA SFINGE

In un susseguirsi interminabile di luce e crepuscolo, tra tempeste di sabbia e inondazioni, la Sfinge protegge la riva e attende la fine dei suoi giorni. Il suo volto spigoloso e androgino è sereno e misterioso. I suoi pensieri asciugano al sole e scivolano sui fianchi. Acqua e vento levigano per bene ogni asperità.
Mia sentinella, tu non puoi morire. Ti trasformerai in duna, il mare modellerà in te forme sempre nuove e le mie mani sapranno riconoscerti.

IL GIGANTE

Capita di avere un’idea e non avere la forza di seguirla. Girandoci intorno, si presentano altre forme, e dalla sabbia si materializza non un’idea, ma un gran desiderio di riposo.
Rimarrà deluso chi si aspettava un pensiero profondo. Ora, di profondo, c’è solo un gran sonno.